La vendetta del cinghiale

 

Questo racconto tratto da un fatto vero tratta di un episodio di caccia. L'ho scritto qualche anno fa quando la sensibilità verso gli animali era molto più rude di adesso. Comunque agli animali che forniscono carne al supermercato magari venissero date le stesse opportunità.




La vendetta del cinghiale

Quel giorno a Franco non gli va di alzarsi presto e andare per funghi con Lorenzo e Giuseppe. Meglio un aperitivo al bar con le noccioline e le patatine. Ci sono i soliti avventori che si rilassano con quello che gli piace fare. C’è chi gioca a carte. Chi legge il giornale. C’è chi gioca alle macchinette e c’è chi guarda gli altri giocare. Ma ecco che arriva Girolamo il comunista. Non passa un minuto che l’attivista prendendo spunto da una concessione edilizia rilasciata con una certa leggerezza, attacca l’amministrazione di centro.

Girolamo è intransigente ed è sempre lì a cavillare sulle diseguaglianze sociali e sui soprusi che la classe operaia è costretta a subire da parte dei padroni. Questa volta il bersaglio è un costruttore del luogo. A suo dire il tipo tiene in agenda quasi tutta l’amministrazione; naturalmente ad eccezione della minoranza comunista. Anche Mario è di sinistra ma non condivide le tesi del suo amico. Sa benissimo la realtà dei fatti. Al di là delle chiacchiere i primi sulla rubrica del costruttore sono proprio i suoi compagni che fanno caciara sulle cose di poco conto ma sulle quelle importanti lasciano passare provvedimenti in favore dell’imprenditore trincerandosi dietro all’interesse della comunità o scaricando la colpa sugli altri o su quelli che li hanno preceduti, arte di cui sono maestri. Nel frattempo Girolamo si è preso con uno che gli ha detto di smetterla e gli ha dato del fascista rosso. A stemperare i toni s’inserisce Massimo che tra il serio e il faceto fa notare che comunista e fascista sembrano termini contrapposti ma in effetti sono simili sia per l’estremismo che li contraddistingue, sia per la desinenza finale, infatti finiscono tutti e due per ista. La notazione accende l’interesse anche di altri. Non solo le due compagini politiche hanno la stessa desinenza ma anche quasi tutti i mestieri a vocazione manuale la hanno: barista, autista, ruspista, marmista, garagista, parquettista, trattorista, sciampista, callista, podista… “Podista no! Non è un mestiere” fa notare Rigo. “E allora? Nemmeno femminista, qualunquista, nudista, trappista e teppista lo sono” ribatte Massimo. “Ma anche farmacista. Non vorrete confondere il farmacista con un carrista o un motorista o un altruista”. “Ma allora che ne dite di panettiere, barbiere, cameriere, brigadiere, ferroviere, tranviere”. Aggiunge Antonio. Si conviene che la desinenza: ere è un gradino più su di quella in ista ma un gradino più giù di quella in ore: dottore, professore, oratore, confessore. Anche qui però ci sono delle eccezioni: muratore, servitore, vogatore… “Anche Salvatore finisce in ore” continua ridendo Bruno. “Ma non possiamo metterlo tra i lavoratori visto che non ha mai fatto un tubo”. Risata generale e anche Salvatore che non può negare di non essere uno che sgobba ridacchia divertito. La categoria con desinenza iatra: pediatra, geriatra, psichiatra, odontoiatra, fisiatra ecc. non viene trattata poiché, non si sa per quale motivo, il termine iatra genera una certa diffidenza nella gente.

“Per esempio, otorinolaringoiatra” aggiunge Giorgio. “sembra qualcuno che abbia ingoiato una cosa per l’ennesima volta”.

In quel momento gli squilla il telefono. È Lorenzo. “Ciao Franco, cosa stai facendo?” “Beh niente sto prendendo un aperitivo con gli amici. A proposito li avete trovati i funghi?”

“Poca roba, ma abbiamo trovato di meglio. In un forte sotto il bosco del Cappellaccio ci sono i cinghiali. Se non ti dispiace passa a casa mia, prendi l’Ape, il cane ed il fucile. Dalle orme sembrano una decina tra grossi e piccoli. Ogni tanto li sentiamo grugnire. Giuseppe ha già il fucile, se lo porta sempre dietro. Sbrigati ti aspettiamo. Stavolta facciamo tombola”.

Franco non se lo fa ripetere, lui è un cacciatore accanito e la notizia lo stuzzica.

Appena lo vede con il fucile Grillo comincia a scodinzolare e a saltare dall’eccitazione. Grillo è uno spinoncino nero. Il pelo ispido e folto nasconde innumerevoli cicatrici. I cani da cinghiale, quelli buoni, sono più o meno tutti così. Ogni tanto bisogna ricucirli, quando non ci lasciano le penne. La caccia al cinghiale è una caccia particolare diversa da tutte le altre. Il cane vi gioca un ruolo basilare. Questo deriva dalle caratteristiche della preda. Il cinghiale è un animale notturno. In genere si muove in branchi che vanno da pochi individui a circa una quindicina. A notte fonda escono per mangiare. Sono onnivori, più o meno come i maiali. Frutta, noci, nocciole, radici, ghiande, grano, faggiola e tutto quanto c’è di commestibile nella campagna. Spesso con il grugno scavano il terreno in cerca di vermi e larve di cui sono particolarmente ghiotti. All’alba ritornano nelle cucce in una zona incolta e impenetrabile di arbusti spini e rovi. Lì passano tutto il giorno fino alla notte successiva. Normalmente se ne stanno in silenzio e solo osservando le orme si riesce a sapere se sono entrati nel forte.  Quando sentono le voci dei cacciatori, i cinghiali capiscono che è pericoloso uscire allo scoperto e si rintanano nella parte più folta. Da lì è difficile stanarli. Si dispongono alla difesa: davanti quelli più forti e grossi, dietro i cinghialotti e le scrofe. A questo punto entrano in gioco i cani. I cinghiali non hanno paura di loro, ne sono solo infastiditi. Quelli più audaci che hanno l’ardire di avvicinarsi troppo sono vittime delle loro zanne affilate come rasoi. Quelli più timorosi si tengono alla larga: abbaiano ma non osano avvicinarsi. Grillo, pur essendo piccolo di statura, è uno di quelli aggressivi. Attacca il cinghiale fidando della sua sveltezza per evitare le zanne. Quando si fa troppo audace o il cinghiale è molto grosso rimane inevitabilmente vittima dei colpi. Ne ha ricevute molte di ferite ma questo non lo ha mai fermato, una volta guarito dimentica la paura ed è pronto ad attaccare di nuovo.

Franco è di casa da Lorenzo; va in garage e tira fuori la motocarrozzetta. Appoggia i due fucili, il suo e quello del suo amico nella parte del passeggero. Grillo salta subito a suo fianco. Filano veloci sulla strada asfaltata verso la collina. A ridosso della macchia bisogna girare sulla via sterrata che conduce a Monte Calvario. L’altro ieri ha piovuto e il fondo è sconnesso e scivoloso. Arrivano a Fonte Ranocchia vicino alla cuccia dei cinghiali. Lorenzo e Giuseppe li stanno aspettando.

“Sono là dentro”.

Fa Lorenzo indicando un cucuzzolo pietroso e irto di vegetazione. Lorenzo mette subito Grillo a guinzaglio altrimenti lo spinoncino andrebbe subito a braccare gli animali e li metterebbe in allerta. In breve studiano un piano. L’altura dove sono i cinghiali è sulla parte alta di un noccioleto. Questo complica un po’ le cose poiché tra gli alberi la visuale non è sempre ottima. Sarebbero necessari molti più uomini per disporsi nei punti chiave; circondare a semicerchio la zona per avere più possibilità di sparare ai cinghiali una volta che sono scucciati. Decidono di fare da soli. Lorenzo con il cane comincerà la battuta dalla parte in cui i cinghiali sono entrati nel forte. Io e Giuseppe lo aspetteremo dalla parte opposta. È una strategia consolidata e dà sempre buoni risultati.

Grillo freme e raspa tirando il guinzaglio. Appena sciolto i cagnetto prende subito la passata e comincia a braccare. Questo conferma che la pesta è fresca quindi i cinghiali sono ancora là dentro. Non è raro che i cinghiali al primo rumore fuggano e quando comincia la battuta di caccia se ne siano già andati. Lorenzo è dietro a Grillo che segue l’usta tessendo il terreno con il naso. Ad un certo punto il cane si infila decisamente nel folto della boscaglia. Lorenzo è costretto spesso a chinarsi per evitare rami e rovi. Deve stare attento al fucile, l’arma s’impiglia continuamente nella ramaglia; potrebbe partire un colpo accidentalmente e allora addio caccia. Ad un certo punto l’abbaiare di Grillo si fa rabbioso e continuo. “Li ha trovati” bisbiglia Lorenzo mentre cerca di avvicinarsi il più possibile. Se li scorgesse potrebbe anche sparare direttamente invece l’abbaiare di Grillo cambia di nuovo e s’allontana. I cinghiali hanno scucciato e stanno fuggendo proprio dalla parte dei suoi amici.

“Bang”!

Un solo colpo fa eco nella vallata. Poi si sentono le voci dei suoi amici.

“L’hai preso”?

“Penso di si”.

Corrono verso il limitare del boschetto. Il cinghiale è lì per terra tra l’erba alta e le felci. La palla gli ha trapassato il torace non lasciandogli scampo. Il fucile di Giuseppe ancora fuma. Il cacciatore è visibilmente soddisfatto. Ha sparato al volo tra gli alberi di nocciolo. Tiro non facile.

“Ce n’erano almeno altri due grossi ma li ho visti solo di sfuggita”.

Un secondo dopo arriva anche Grillo. Sembra impazzito: morde il cinghiale, lecca il sangue, guaisce e bracca allo stesso tempo. L’animale peserà una novantina di chili. È un maschio. Le zanne giallastre e uncinate fuoriescono dal labbro semi aperto. Continuano a parlare concitati. Sarebbe potuta andare meglio ma non possono lamentarsi. “Bravo Grillo”! Lorenzo accarezza il cane che continua a girare frenetico intorno al cinghiale. Giuseppe è di poche parole, ha già tagliato una pertica di castagno per trasportare il cinghiale. Gli legano insieme le zampe, vi infilano la pertica poi uno davanti e uno dietro lo trasportano fino all’Ape parcheggiata sul ciglio della strada. Lorenzo li segue con Grillo che ancora eccitato fa avanti e indietro annusando le gocce di sangue che cadono dal cinghiale. Caricano la bestia sul cassoncino dell’Ape. Il cinghiale sdraiato è molto più grande di come sembrava. Giuseppe taglia un po’ di rami di nocciolo per coprirlo. Se lo vedessero gli altri cacciatori ci sarebbero un sacco di polemiche. Per correttezza li avrebbero dovuti avvertire per organizzare insieme una cacciarella. Ormai è andata così! Sono tutti e tre palesemente soddisfatti. Adesso porteranno il cinghiale nel casale di Giuseppe, lì lo scuoieranno e lo lavoreranno per farne prosciutti e salsicce. Franco fa salire Grillo sull’Ape poi appoggia il fucile sul sedile accanto e parte. Lorenzo e Giuseppe lo precedono in macchina. Dopo un breve tratto pieno di piccole pietre la strada scende e diviene sdrucciolevole. L’Ape è difficile da manovrare. Franco si destreggia fra le buche e i solchi lasciati dai trattori zigzagando di qua e di là. Ogni tanto è costretto a sgridare Grillo. Il cane sente l’odore del cinghiale e non ne vuol sapere di stare fermo. Nella valletta il fondo della strada il fondo è motoso e i solchi sono profondi. Per di più in quel tratto la strada è in pendenza verso la scarpata sottostante. Franco valuta la situazione poi decide di traverse l’avvallamento fangoso a velocità sostenuta. Rallenta un poco poi raddrizza decisamente il manubrio e da gas. Grillo sbilanciato dalla repentina accelerazione si caccia tra il guidatore e il manubrio. Nell’attimo intercorso per spostare il cane dal manubrio, la ruota anteriore va a finire nel solco di un trattore. Per riportarla fuori all’asciutto Franco fa una sterzata brusca. Il furgoncino derapa di fianco. Il cinghiale scivola verso l’esterno del cassoncino e sbilancia il carico. Patapum. L’Ape si ribalta mentre il cinghiale rotola giù nella piccola ma ripida scarpata. Franco si ritrova sottosopra nel furgoncino con il fucile puntato sulla pancia. È ancora carico e non ha la sicura. Grillo sgambetta scompostamente per uscire e accidentalmente potrebbe mettere un’unghia sul grilletto.  

Gianfranco Liberati

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