Un amore molto... molto delicato.

UN AMORE MOLTO... MOLTO DELICATO

Da anni le faceva la corte. Una corte molto discreta. Complimenti non tropo espliciti. Battutine maliziose appena appena ammiccanti. Sguardi complici e contatti fugaci ogni volta che se ne presentava l’occasione. Mezze frasi su un futuro solo lontanamente azzardato. Mai un’allusione diretta che potesse far presagire una relazione o un’evoluzione nel loro rapporto. L’essere colleghi impiegati in una struttura, permetteva che questi incontri si ripetessero senza cercarli generando in Mario un senso di aspettativa non perfettamente definibile in termini pratici. Alla fine lei lo aveva invitato a casa sua.

Mario si presentò con un regalino non impegnativo. Si salutarono cordialmente senza effusioni com’era loro costume e senza concedersi nemmeno un gesto di maggiore confidenza che sarebbe stato nell’ordine delle cose.

L’appartamentino era decoroso e mobiliato con gusto. C’erano delle foto alle pareti intercalate con riproduzioni di quadri dei maestri impressionisti francesi. I mobili di legno lucidati con cura avevano sopra i centrini di pizzo.  

“Facciamo un piatto di pasta”. Disse lei senza aspettarsi repliche. Mario annuì silenziosamente con un impercettibile cenno del capo.

“Mannaggia! Ho finito il sale, adesso vado di sopra a farmelo prestare dal vicino. Intanto metti l’acqua a bollire. Le pentole sono là in basso nello scaffale”.

Mario trovò la pentola adatta la riempì d’acqua e la mise sul gas. Poi si permise di cercare la tovaglia nel cassetto del tavolo. Sicuramente Teresa avrebbe approvato la sua intraprendenza; lei era una donna concreta. Posizionò le posate e i bicchieri. Peccato! Nell’emozione dell’invito aveva dimenticato di portare almeno una bottiglia di vino. Lei forse avrebbe trovato sconveniente la dimenticanza e magari ne sarebbe stata contrariata.

Mentre era intento a rimuginare su questi crucci, da sopra avvertì un impercettibile rumore. Una specie di cigolio intermittente: gni… gnè… gni… gnè. Una lavatrice? Mah. Passato un minuto il rumore divenne regolare: gni, gnè, gni, gnè. Ancora un poco e il cigolio crebbe di frequenza e di intensità: gni, gnè, gnèè, gnèèèè. No! Non poteva essere una lavatrice. Pensò ad un cane che uggiolasse in attesa della passeggiatina pomeridiana. Uscì dalla stanza, salì alcuni gradini… quasi gridando:

“Teresa, l’acqua bolle!”

Nessuna risposta! Solo il cigolio persisteva arricchito da suoni inarticolati come dei mugolii lamentosi. Certamente un cane!

Commenti

  1. 🤣🤣povero Mario, forse il vicino era il grande amore di Teresajj

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Tre giorni di paura

Musica musica