Il regalo di Prometeo

 

Il regalo di Prometeo

I lupi diventavano via via più audaci; agivano di concerto ora uno ora l’altro ringhiando e attaccando gli uomini all’imbocco della caverna. L’ingresso era leggermente sopraelevato ma abbastanza largo da permettere l’attacco di più animali contemporaneamente. I cinque uomini facevano una barriera all’entrata. Due adulti armati di bastone fronteggiavano le fiere mentre i tre giovani si tenevano leggermente dietro. Anche loro avevano bastoni ed intervenivano utilizzandoli come pungoli contro gli animali più audaci. Ogni tanto risuonavano i colpi sordi che si abbattevano sui lupi più irruenti generando guaiti ed uggiolii. Il resto della famiglia si era rifugiato all’interno nel buio della grotta. Una donna avvolgeva tra le braccia un bambino con la testa china su di lui. Era una donna giovane coperta con una pelliccia di animale.

Ak ansimava, rivoli di sudore gli colavano sulla fronte. Il suo bastone roteava incessantemente ma gli animali diventavano sempre più aggressivi moltiplicando gli attacchi. Al suo fianco Bug ormai esausto si teneva il fianco appoggiandosi al bastone. Fu subito affiancato da uno dei due giovani.

 Intanto sopraveniva la sera incupita da un temporale incombente. I lampi zigzagavano tra le nuvole scure squarciando il buio e accendendo i contorni della grotta. Preannunciata da un vento impetuoso arrivò la pioggia. Grosse gocce cominciarono a cadere alzando nuvolette di polvere sulla terra riarsa. Nell’attimo di smarrimento dovuto al temporale tre o quattro lupi s’infilarono nella caverna. Si udirono urla di terrore. Il bambino fu strappato dalle mani della donna e trascinato fuori. Ak non riuscì a fermarli. Preso dalla disperazione li rincorse e si gettò con un urlo sul branco di animali menando colpi all’impazzata e cercando di strappare il bambino dalle loro fauci in un ultimo disperato tentativo di difesa.

Con un lampo accecante immediatamente seguito da un fortissimo schiocco il fulmine si abbatté sulla boscaglia antistante la caverna. L’albero colpito s’incendiò come una gigantesca torcia. I lupi impauriti fuggirono guaendo mentre gli uomini restarono sbigottiti. Senza esitazione la donna si precipitò fuori. Il bambino piangeva. Su una gambina i segni dei denti sanguinavano. La donna, anch’essa ferita lo prese in braccio. Lo baciò e lo carezzò poi frettolosa scomparve inghiottita dal buio della caverna. Nel frattempo rapida com’era arrivata la pioggia era cessata. L’albero continuava a bruciare tra bagliori e ombre. Gli uomini rannicchiati uno contro l’altro guardavano smarriti il fuoco che sfrigolava spargendo all’intorno guizzi di fiamma e sciami di faville. Poco lontano, illuminati dal chiarore rossastro, brillavano gli occhi dei lupi. Non se n’erano andati. Avrebbero aspettato finché il fuoco che li aveva spaventati si fosse esaurito poi sarebbero tornati all’attacco ancora più affamati e feroci. Ak lo sapeva e ne era angosciato, però si era verificato un fatto nuovo. Timoroso si avvicinò al fuoco. Ne avvertiva il calore intenso. Più volte se ne allontanò quando il fuoco sembrava ricorrerlo con le lingue flessuose. Un ramo ardente si staccò e cadde al suolo in un crepitio di scintille. Ak fece un balzo indietro per evitarlo ma alcune faville lo colpirono mordendogli la carne. Il dio che lo aveva aiutato non voleva troppa confidenza, pensò. Poi raggiunse i compagni ed insieme aspettarono. Pian piano le fiamme si affievolirono lasciando il posto alle braci. Ak si avvicinò di nuovo. Il calore questa volta lo avvolse piacevolmente. Dal mucchio di carboni ardenti sporgevano i rami incombusti. Lentamente, con il terrore di vedere il dio svegliarsi di nuovo e colpirlo con gli spruzzi cocenti, allungò una mano e afferrò l’estremità di un ramo. Era caldo ma non bollente. Lentamente, sollevò il tizzone che riprese a bruciare con vigore. I compagni lo guardavano. Nei loro occhi si leggeva la paura e lo sgomento. Agitando il tizzone Ak si diresse verso i lupi. Roteò minaccioso il ramo ardente spandendo bagliori. Gli animali fuggirono guaendo. Trionfante Ak alzò le braccia al cielo. Una nuova potenza lo pervadeva. Con un urlo terribile e liberatorio scaricò la tensione gettando lo sconcerto tra gli uomini e gli animali poi, tutti insieme, timorosi e riconoscenti si chinarono davanti al fuoco e ringraziarono il dio amico per la sua benevolenza.

G. Liberati

Commenti

Post popolari in questo blog

L'età e La giostra della felicità

Il raddoppiamento fonosintattico