Lo spirito tedesco

LO SPIRITO TEDESCO

Passeggio fuori casa come faccio sempre prima di cena. Ed ecco che mia moglie mi corre incontro trafelata e spaventata. “Corri, corri… c’è uno nel frigorifero.

“Cheee!”

“Non scherzo affatto vieni, sbrigati! ho paura”

Non ci credo tuttavia vado a vedere. Lei si tiene a distanza ed indica col dito il frigo. Lì per lì penso che se mi avesse detto c’è uno nell’armadio avrei potuto crederci ma nel frigorifero. Come fa uno ad entrare nel frigorifero? Nemmeno una contorsionista cinese ci riuscirebbe. Ridendo apro lo sportello. Una voce secca quasi metallica dice delle cose. Chiudo immediatamente e faccio un salto di lato. Appena riacquistato un po’ di sangue freddo con una certa apprensione comincio a controllare le cose che possono parlare. Il telefono è a posto, i due telefonini sono sulla mensola, la televisione vado a spegnerla. Mi faccio coraggio e riapro la porta. Di nuovo la voce ben chiara che parla una lingua incomprensibile. Dalla tonalità sembrerebbe tedesco. Scappiamo tutti e due.

“Che si fa”?

“Chiamiamo i pompieri! fa mia moglie”. Mi oppongo energicamente.

“Cosa gli dici ai pompieri? C’è uno nel frigo. Sai le risate. Rischieremmo di finire sputtanati su face book”. Scartata la possibilità che qualcuno possa essersi infilato tra le uova e gli yogurt, facciamo altre ipotesi.

A casa nostra da tempo ci sono gli spiriti. Sono comparsi qualche anno fa. La prima volta che li vidi stavo facendo il pisolino pomeridiano sul divano davanti al televisore. Fui svegliato da un colpo sulla spalla. Mi girai immediatamente e vidi due persone che si allontanavano. Erano di spalle: quello più alto aveva una sciarpa rossa intorno al collo. Lentamente si dissolsero prima della porta del bagno. La seconda volta ero sopra in camera che dormivo. Mi svegliai perché qualcuno mi aveva stretto il labbro inferiore e me lo aveva ripetutamente scosso come si fa con i bambini quando li si vuole vezzeggiare. Aprii gli occhi e lo vidi. Aveva un cappello scuro a falde e subito dopo entrò nel muro. Vidi scomparire la prima metà e subito dopo l’altra.

Da allora le visioni sono diminuite ma non sono diminuite le manifestazioni della loro presenza. Fruscii, grugniti, tocchi leggeri sulle gambe o sulle spalle, squittii, sospiri, rutti ecc. Ci siamo convinti che gli spiriti che abitano casa nostra sono estremamente grossolani ma non sono cattivi o perlomeno sembra che non ce l’abbiano con noi. Passano ogni tanto e si manifestano con queste piccole azioni tuttavia inoffensive. Evidentemente c’è stata un’evoluzione nelle loro attività. Qualcuno di loro si è installato nel frigo e non desidera essere disturbato.

Fatta questa ipotesi ci tranquillizziamo dato che come abbiamo detto i nostri spiriti non sono cattivi. Facciamo comunque un’altra prova. Di colpo apro la porta del frigorifero. Di nuovo la voce. Sempre con lo stesso timbro secco da sembrare scocciato.

“Cosa ha detto”?

“Non lo so. Sembra tedesco o una lingua nordica… svedese, norvegese boh”.

 Mia moglie si spazientisce.

“Possibile che con tutte le lingue che sai questa non la capisci”?

Non ribatto, sarebbe inutile. Anche se la capissi cosa cambierebbe?

Adesso cosa facciamo? Stacchiamo la corrente. Non si può il filo del frigorifero è nascosto insieme a quelli degli altri elettrodomestici dietro la scaffalatura della cucina. Per togliere corrente al frigo si deve staccare l’interruttore generale.

Abbassiamo la temperatura: può darsi che lo spirito si gela e se ne va. Nel frattempo però cosa mangiamo? La cena è nel frigo. Mi faccio coraggio. Il melone è nel cassetto delle verdure e sul piano superiore c’è la cartata del prosciutto. Apro. Di nuovo la voce. Freneticamente afferro il melone lo passo a mia moglie poi la cartata del prosciutto. In un lampo richiudo lo sportello.

“La birra te la sei dimenticata”.

“Ah! prosciutto e melone con l’acqua non è che sia una gran cosa.

Allora riapro. Prendo la bottiglia così velocemente che sento solo una sillaba della voce dello spirito.

Mangiamo in silenzio.

L’indomani mattina.

“Il latte?

“È nel frigo”.

“Bè! Riproviamo”. Silenzio. Tiriamo un sospiro di sollievo: lo spirito se n’è andato.

“Mi prendi lo yogurt per piacere?” È tornato. Il tono è lo stesso; sembra dire: Non mi scocciate!

Non sappiamo cosa fare. In noi c’è la segreta speranza che lo spirito di prenda una polmonite e vada a farsi curare all’inferno. Nel frattempo la vita continua. Decidiamo di andare a fare la spesa evitando cibi che hanno bisogno del frigo. Non ce ne sono molti e questa constatazione mi fa pensare che senza rendercene conto siamo diventati schiavi degli elettrodomestici. A conferma di ciò mia moglie riflette ad alta voce:

“Speriamo che non si ficchi nella lavatrice altrimenti siamo fottuti”.

Il giorno dopo viene a trovarci un’amica. Non le diciamo niente. Mentre siamo seduti in salotto lei che è di casa, va a cercarsi l’acqua fresca nel frigo. La vediamo fuggire come un razzo gridando: “Gli spiritiii”. Cerchiamo di tranquillizzarla dicendo che c’è un’interferenza con il telefono e che il giorno dopo verrà il tecnico a riparare il guasto. Lei si calma ma non è punto convinta. Questo continuo aprire e chiudere ci fa notare che lo spirito parla solo quando si accende la lucetta del frigo che è difettosa e non sempre funziona. Ne deduciamo che lo spirito non ama la luce ed evidentemente al buio si trova più a suo agio e dorme. L’indomani facciamo un esperimento. Spengiamo l’interruttore generale. Fuori c’è il sole e il frigo è abbastanza illuminato anche senza lucetta. Apriamo tuttavia con una certa cautela. Non succede niente, lo spirito dorme. Dove si sarà ficcato? Sarà tra le verdure oppure nella scatola del burro o perché no in qualche ciotola. Magari senza luce va a dormire da qualche altra parte. Svuotiamo pian piano tutti i reparti: le bottiglie, le uova, la marmellata, le vaschette di affettato, le verdure, il burro, i formaggi. Dietro i formaggi spuntano due orecchie bianche. “Un coniglio” grida mia moglie ormai molto eccitata. “Ma quale coniglio! È una busta di plastica legata alla meglio”. La tranquillizzo.

Chiudiamo immediatamente. Se è nella busta adesso lo scopriamo. Con una certa autorità dico a mia moglie: “Riaccendi l’interruttore e resta lì fin quando te lo dico io”.

“Fatto, acceso”!

Il cuore batte forte mentre sto per riaprire il frigo. La porta cigola, non ci avevo mai fatto caso. Appena la lucetta si accende ecco la voce dello spirito.

“Spegniii, e richiudo istantaneamente. È lì dentro, nella busta di plastica… adesso cosa si fa? Colpo di genio. “Prendi le pinze del camino”. Riapro lentamente lo sportello. Tutto tace. Prendo delicatamente la vaschetta del burro e la passo a mia moglie. Dietro, nella penombra la busta bianca annodata; eccolo lì il coniglio. Le mani mi tremano mentre con le pinze cerco di afferrarla. Provo e riprovo ma alla fine la aggancio. La deposito quasi di colpo sul tavolino. Mi fermo a riprendere fiato.

Con la pinza tiro un manico della busta. Un odore forte di formaggio si diffonde nella cucina. Accanto al formaggio c’è un’altra busta chiusa alla meglio che lascia intravvedere qualcosa di scuro.

“Ma è il misuratore di pressione”. Restiamo un po’ in silenzio.

Lo avevo prestato a mio fratello…

 E appunto pensavo di chiederlo indietro. Ma com’è finito lì dentro”?

“Te lo dico io”! Fa mia moglie. “L’altro giorno tuo fratello mi ha detto: ti ho portato uno spicchio di formaggio casareccio, lo prendo direttamente dal pecoraro mio amico”.

L’ha messo direttamente lui nel frigo; evidentemente insieme al formaggio ha pensato bene di restituirti l’aggeggio della pressione e se ne è dimenticato. Enigma risolto. Nemmeno per idea. Il misuratore non dà cenni di vita. Lo spirito se n’è andato da un’altra parte. Proviamo a rimetterlo nel frigo. Questa volta appena aperta la porta la lucetta si accende e il misuratore si mette a parlare. Evidentemente per una improbabile casualità il misuratore di pressione è entrato in sintonia con il frigorifero. Io ho sempre sospettato che le macchine abbiano una loro intelligenza che mostrano solo in situazioni particolari. L’aggeggio parla in tedesco dicendo delle frasi incomprensibili che terminano sempre con la parola: normal. Quando l’ho prestato a mio fratello parlava italiano; chissà cosa gli avrà fatto? Avrà smanettato con i tasti, lui non è molto pratico di apparati elettronici. Una cosa è certa: mio fratello ha la pressione normàl.

Gianfranco Liberati



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