Il Comando
IL COMANDO
Ho scritto questo breve e fantasioso saggio per attirare l’attenzione sul difficilissimo rapporto che si sta creando tra le gente e la politica.
Quando si viene eletti ad una carica pubblica o gratificati
nell’ambito del lavoro con una promozione o un avanzamento di carriera,
bisognerebbe capire che dietro all’elezione e alla promozione c’è la fiducia
degli elettori o dei superiori. La fiducia vi viene concessa non perché siete
belli o simpatici; nemmeno per accrescere il vostro egoismo. Il riconoscimento
sociale è accordato affinché tutta la comunità possa avvalersi del vostro
valore, della vostra competenza e del vostro impegno per trarne il dovuto
beneficio.
Il Comando
Lo scettro del
comando è d’oro zecchino. Lo decorano intarsi finissimi e arabeschi, eseguiti
da maestri artigiani. La sua superficie è levigata e il suo contatto delizioso;
la mano vi aderisce e ne trae piacere come nel carezzare la serica pelle di un
neonato. Quando lo si afferra una sensazione di onnipotenza pervade il nostro
essere. Ogni residuo squilibrio è colmato. Una corrente impetuosa vibra in
tutte le membra e nessun’altra percezione è paragonabile a essa. Lo scettro del
comando tutti lo vogliono perché dà il potere. Il potere che ognuno, palesemente
o inconsciamente persegue. Il potere che conferisce alle azioni una naturale
autorità.
Dietro al potere
però, è nascosta l’insidia. Il potere è un’energia potente che bisogna saper
dominare. Esercitarlo con arroganza che dà il piacere immediato, con la
presunzione che ne nasconde i tranelli, senza la necessaria serenità che
consente di avere il giusto discernimento, il potere diventa pericoloso; un
portentoso utensile che ferisce malamente chi non lo usa con la dovuta cautela
e perizia. Lo scettro del comando allora perde la sua levigatezza. Ruvide
scaglie coprono gli arabeschi. Il fusto si anima e il suo contatto è freddo,
ostile. Si divincola… diviene impossibile trattenerlo. Prima che come un
serpente velenoso ci morda, bisogna lasciarlo. Il tempo, medico efficace e
inesorabile, ci svelerà cosa lo ha irritato.
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Anche Aldo il mio gatto ha una
collocazione politica ben definita: è miaoista.
Gianfranco Liberati
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